Pensate ad un’importante e recente decisione. Quasi sicuramente ha implicato la raccolta e l’analisi di una serie di informazioni e si è basata sul giudizio e le idee di un certo numero di manager, se non addirittura di uno solo. È stata raggiunta dopo un processo, talvolta formale, talvolta informale, e ha trasformato dati e valutazioni in una precisa risoluzione.
Le ricerche indicano che, contrariamente a quello che si può pensare, buone analisi nelle mani di manager che hanno buone capacità di giudizio non si trasformano naturalmente in buone decisioni. Un terzo elemento è assolutamente cruciale: il processo.
Da uno studio in cui si chiedeva ai manager, per specifiche decisioni, di riportare quante e quali pratiche avessero utilizzato per la raccolta e l’analisi delle informazioni, e quante e quali per la gestione dei processi decisionali, è emerso che i processi incidono molto di più sulla bontà delle decisioni, rispetto all’analisi, per un fattore pari a 6. Questo non significa che l’analisi non sia importante, nessuno dei processi risultati efficaci aveva alle spalle un’analisi carente o superficiale. Una delle cose che un processo decisionale senza bias è in grado di fare è proprio quella di riconoscere la necessità di una buona analisi. Ma è il contrario a non essere vero, ossia che una superba analisi sia di per sé sufficiente, anche quando il processo non ne garantisce una corretta interpretazione. E lo stesso effetto è stato ricontato sul ritorno sugli investimenti effettuati in base a quelle decisioni. Per cui un buon processo non è solo igienico è anche un buon affare.
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